Veleggiando nel “Tropico dell’Armonia”
L’Oceano Indiano recita il suo mantra tranquillizzante, strofinando le sabbie coralline con le sue onde turchesi.
Le palme sono spettinate dal brivido bollente dell’aliseo, che si comporta come una carezza birichina.
I fiori di frangipane saturano l’aria umida con profumi dolci e sensuali e la baia è incorniciata dalle gigantesche rocce di granito rosa e grigio, cesellate dai venti e sparpagliate qua e là in un disordine artistico da una “mano ciclopica”.
Dalla barca osserviamo questa “cartolina tridimensionale” della splendida Anse Source D’Argent, a La Digue, e abbiamo l’impressione di un déjà vu. Ma non stiamo prendendo un abbaglio: le Seychelles (da sempre l’Eden del nostro immaginario) hanno prestato le loro location da favola a innumerevoli servizi di moda, pubblicità televisive, calendari e film. Perciò ci sembrano così familiari! È un viaggio “di sabbia e d’azzurro”, questo: un’ode tropicale al well-being e al relax.
Narra una leggenda che le Seychelles facessero parte di una terra mitica: Lémuria. Quando questo continente perduto si divise, frammenti di esso conservarono “gocce di paradiso” che in seguito si trasformarono nelle famose isole dell’Oceano Indiano. Al tempo, nuvole di pesci cominciavano a pinneggiare tra ventagli di corallo e una foresta di palme iniziava a rivestire le colline fino al mare, che baciava spiagge mai violate da orma umana.
L’arcipelago conta centoquindici isole che emergono a nord-est del Madagascar. Distano circa ottocento miglia dalla costa orientale dell’Africa (continente cui appartengono) e sono posizionate tra l’equatore e il 10° Parallelo Sud. Le isole maggiori (Mahè, Praslin, La Digue, Frègate, Silhouette, Curieuse, Sainte Anne, North Island) sono granitiche, ricoperte da una lussureggiante vegetazione in cui si trovano tutte le sfumature di verde dei banyan tree, dei takamaka e degli alberi di casuarina, oltre ad una tavolozza di colori intensi che spuntano qui e là sotto forma di fiori esotici: ibiscus, frangipane, bougainvillea, orchidee, flamboyant (albero di fuoco). Altre isole, come Aldabra e Alphonse, sono piatti atolli di corallo, ricoperti di palmeti e mangrovieti. Disabitate fino al XVIII secolo, le Seychelles furono poi colonizzate dai francesi a fine Settecento, divennero anche una base per i corsari d’Oltralpe (che depredavano le navi in rotta fra l’India e l’Africa) e vennero infine conquistate dall’Inghilterra a inizio Ottocento.
Oggi sono una repubblica indipendente e offrono dimora a una popolazione creola dall’idioma musicale e dal sorriso abbagliante, nelle cui vene cui si mescolano influenze africane, indiane ed europee.
In genere la crociera inizia da Mahé, l’isola più grande, dove sorge la capitale, Victoria. Molto caratteristico l’Arul Mihu Navasakthi Vinayagar, un coloratissimo tempio indù, luogo di culto della grande comunità indiana che risiede nell’arcipelago. Nel minuscolo mercato di Sir Selwyn Selwyn Clarke ci “tuffiamo” tra gli aromi di spezie (zafferano, coriandolo, tamarindo, vaniglia) e i profumi dei frutti esotici, tra cui papaye, ananas e diciassette tipi di dolcissime banane. Sulle bancarelle è esposto anche il pescato di un oceano ricchissimo: tonni, dorado, barracuda, cernie, polpi, granchi e tanti altri crostacei, che servono a preparare piatti deliziosi.
In un paese dove i pomodori si chiamano pommes d’amour, attraverso i secoli è stata elaborata una cucina gustosissima e senza frontiere (mix di Africa, India e Francia), antesignana delle mode fusion e global-etniche che spopolano nelle nostre metropoli. I creoli amano patate dolci e manioca, ma vanno pazzi soprattutto per il frutto dell’albero del pane: fritto, stufato, oppure cucinato in purea, in polpette o al gratin. Da assaggiare anche i cari (versione creola del curry) di pesce al latte di cocco: buonissimi! Le isole sono ricoperte da fitte piantagioni di cocco, perché in passato furono sfruttate principalmente per la produzione della copra, cioè la polpa del frutto essiccata, usata per ricavare l’olio di cocco. Ci accorgiamo presto che questo frutto è onnipresente nella vita dei seychellesi: rappresenta uno degli ingredienti-base della cucina creola (sotto forma di latte, olio, crema, polpa grattugiata, succo), nonché materiale di costruzione dai mille usi.
Imperdibile, per fare snorkeling e diving, il Parco Marino di Sainte Anne, che comprende sei isolette granitiche (S.te Anne, Île Longue, Île aux Cerfs, Île Ronde, Moyenne e Cachée) proprio di fronte alla capitale. A Naked Lagoon, nel canale tra Île aux Cerfs e Île Longue, ci possiamo immergere fra branchi di razze giganti, squali pinna bianca, squali nutrice e altri colorati pesci di barriera a soli dodici metri di profondità. Un sito ideale anche per i subacquei principianti. Beau Vallon, a nordovest di Mahé, dà la possibilità di praticare tanti sport acquatici ed è la baia più vivace, con baretti, alberghi e chioschi di cibo locale.
Lungo la costa sud-occidentale dell’isola, invece, scopriamo l’archetipo della spiaggia tropicale sauvage. È Anse Intendance: ampia e orlata di fittissime palme. Onde, vento, schiuma, sole, nuvole, luna, stelle: la baia è una scenografia maestosa a tutte le ore del giorno e della notte. Mancano solo Adamo ed Eva: nudi, felici e ignari del tempo!
Salpiamo da Mahé e puntiamo a nord-est verso Praslin. La seconda isola per grandezza è molto più tranquilla: niente movida, poco traffico, ritmi lenti.
Tra le spiagge (tutte stupende) spicca Anse Lazio, un perfetto mix di calme acque turchesi, soffice sabbia bianca e scenografici massi di granito che affiorano qua e là. Le palme regalano una piacevole ombra al navigante in cerca di relax. E per qualcosa di rinfrescante in stile Robonson Crusoe, niente di meglio che una noce di cocco giovane e verde. Con un colpo di machete ben assestato, i giovani seychellesi ce la scalottano e ne beviamo d’un fiato il succo dissetante ed energetico. Per fare snorkeling in santa pace, il posto giusto è invece St. Pierre, un isolotto a meno di un miglio dalla spiaggia di Cote d’Or.
A Praslin ci lasciamo affascinare dalla primordiale Vallée de Mai, un prezioso esempio di foresta primaria (cioè uguale alle sue origini), nota anche per il rarissimo Coco de Mer, che esiste unicamente a Praslin e Curieuse ed è una delle sei specie endemiche di palma delle Seychelles. Il Coco de Mer produce i semi più grandi di tutto il regno vegetale: arrivano a pesare venti chili e sono caratterizzati dalla forma a doppia noce, che ricorda delle natiche molto toniche.
Dopo un tramonto perfetto, nel cielo nero ora brilla la mitica Croce del Sud e siamo pronti per un po’ di nightlife isolana. Il venerdì sera sulle spiagge di Praslin è tempo di moutia, la danza tradizionale delle isole, una fusion di malinconici ritmi dell’Africa e del Madagascar, cantata come i gospel americani. Poi va in scena la più travolgente séga Seychellois, in cui uomo e donna ballano un ritmo ripetitivo e bollente, sfiorandosi e mimando il corteggiamento, mentre le lunghe gonne colorate delle creole, che lasciano scoperto l’ombelico, sottolineano il sensualissimo ondeggiare del bacino.
Il nuovo giorno ci porta a nordest di Praslin, dove scopriamo l’isoletta disabitata di Curieuse, regno delle tartarughe giganti, che superano i duecento chili. Le s’incontra “a spasso” ovunque, mentre si corteggiano o si accoppiano. Altrettanto interessante è Cousin Island, un santuario ornitologico per specie a rischio di estinzione.
In un paese dove i pomodori si chiamano pommes d’amour, attraverso i secoli è stata elaborata una cucina gustosissima e senza frontiere (mix di Africa, India e Francia), antesignana delle mode fusion e global-etniche che spopolano nelle nostre metropoli. I creoli amano patate dolci e manioca, ma vanno pazzi soprattutto per il frutto dell’albero del pane: fritto, stufato, oppure cucinato in purea, in polpette o al gratin. Da assaggiare anche i cari (versione creola del curry) di pesce al latte di cocco: buonissimi! Le isole sono ricoperte da fitte piantagioni di cocco, perché in passato furono sfruttate principalmente per la produzione della copra, cioè la polpa del frutto essiccata, usata per ricavare l’olio di cocco. Ci accorgiamo presto che questo frutto è onnipresente nella vita dei seychellesi: rappresenta uno degli ingredienti-base della cucina creola (sotto forma di latte, olio, crema, polpa grattugiata, succo), nonché materiale di costruzione dai mille usi.
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La Digue, vicinissima a Praslin, è ancora più piccola e rilassante. Si gira comodamente in bicicletta e i pochi mezzi motorizzati esistenti sono i taxi e i pick up per trasportare le merci. Oltre alla super instagrammata Anse Source D’Argent, c’è un intero campionario di spiagge strepitose da godere. Ad Anse Cocos ci tuffiamo nelle idilliache pozze naturali di roccia. Ad Anse Severe (da visitare durante l’alta marea) facciamo snorkeling ammirando il magnifico fondale, ricco di pesci e variopinti coralli. Emergiamo felici e bagnati e, tirando giù la maschera, c’incantiamo alla vista del tramonto, col cielo striato di paffute nuvolette che s’incendiano di mille sfumature rosa, rosse, arancioni e viola.
Rientrando verso Mahé, si facciamo rotta verso Silhouette. Da lontano avvistiamo il profilo alto e scuro del Mont Dauban, la cima più alta, che si disegna all’orizzonte spesso incappucciato di batuffoli bianchi. Incantevole, selvaggia e montuosa, Silhouette è la terza isola delle Seychelles per superficie, ma è quasi ignorata dal turismo. Bello “spiaggiarsi” in calette isolate, come Baie Cipailles, Anse Patate e Anse Lascares. Ad Anse La Passe, sulla costa orientale, la barriera corallina ci regala un mare tranquillo, ideale per lunghe nuotate, e un’interminabile spiaggia ombreggiata dagli alberi di takamaka. E mentre l’acqua massaggia pigramente la chiglia, la brezza tropicale accarezza i nostri corpi abbronzati. E’ in questi momenti che si sciolgono le briglie dell’anima e il tropico seychellese spalanca le porte alle emozioni: supremo lusso della vita.